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Onicofagia: cause e rimedi

Questa parola strana e un po' inquietante descrive invece una pratica molto comune: mangiarsi le unghie. L'onicofagia è infatti il vizio riscontrabile in tantissime persone, che si rosicchiano le unghie con una certa frequenza, talvolta spostandosi anche sulle pellicine e le cuticole.

Ma da dove deriva questo brutto vizio? E come si fa a smettere?


Cos'è l'onicofagia

Il mangiarsi le unghie sembra un vizio banale e che non sottende grandi spiegazioni. In realtà, dalle ricerche scientifiche, sembra assumere un valore più serio e importante e risulta essere un fenomeno più complesso di quanto potrebbe sembrare ad un primo esame.

L'onicofagia è infatti classificata dal DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali- quarta edizione) come "disturbo del controllo degli impulsi".

La caratteristica principale di questo disturbo sarebbe quindi dunque l'impossibilità a gestire e controlla l'impulso a compiere un'azione che in qualche modo risulta dannosa.



Certo mangiarsi le unghie non sembra rappresentare questo gran pericolo! Tuttavia questa pratica apparentemente innocua può invece comportare seri danni alle dita, favorendo infatti infezioni batteriche o virali. Non solo, molti medici e dentisti di fama mondiale hanno messo in luce che le unghie, essendo un potenziale canale di trasmissione di germi, possono recare danno anche allo smalto dei denti, favorendo il rischio di carie.



L'insorgenza di questa patologia sembra essere precoce, una serie di ricerche ha infatti messo in luce come soprattutto i bambini e gli adolescenti ad essere onicofagici. La fascia di età maggiormente coinvolta sembra essere quella che va dai 12 ai 18 anni. Tuttavia vi è un gran numero di persone che continua a mangiarsi le unghie anche in età adulta. (Grant & al., 2010).


Dal punto di vista psicologico, essa è annoverata all'interno dei disturbi di controllo degli impulsi ed è considerata una vera e propria forma di autolesionismo. All'interno di queste patologie rientra anche la tricotillomania, ossia l'ossessiva necessità di toccarsi e tormentarsi i capelli che giunge, nei casi più gravi, addirittura allo strapparsi ciocche intere.

Tra i due disturbi però sembrerebbe vi sia una rilevante differenza: nella tricotillomania il soggetto riferisce di non provare dolore nel tormentarsi i capelli, piuttosto se li stuzzica senza rendersene contro; nell’onicofagia, invece, il dolore alle dita pare essere quasi sempre presente ma ciò non rappresenta un deterrente per chi vive questo vizio.


Origini e cause


Molti soggetti sono riusciti a debellare questo problema impegnando la bocca nel masticare un chewingam o caramelle, distraendosi in altre attività, maneggiando palline anti-stress.

Ma la soluzione ideale, soprattutto nei casi più gravi, per contrastare l'onicofagia è quella di risalire alle sue cause primarie e comprendere quei meccanismi che originano il vizio, per poterle così elaborare e superare.


La pratica di mangiarsi le unghie può infatti dipendere da un sotteso disturbo d'ansia, che si esprime attraverso un sintomo psicosomatico, ossia un sintomo che deriva da una difficoltà psicologica ma si manifesta come un disturbo fisico.

Secondo molte ricerche infatti, l'onicofagia ha un'origine di natura psicologica (Roberts & al., 2013) e si accentua in periodo di forte stress o preoccupazioni.


Se da una parte il mangiarsi le unghie può rappresentare per il soggetto motivo di sfogo e di scarico per nervosismo, tensioni emotive o ansia, dall'altra può essere considerata una versa e propria forma di autolesionismo, che esprimerebbe sul corpo e non verso l'esterno un'emozione di forte rabbia o aggressività, che può avere innumerevoli cause.


Più banalmente, nei casi di minore gravità, ci si può mangiare le unghie per noia o di difficoltà di attenzione. Il mangiarsi le unghie rappresenterebbe in questo caso la difficoltà a gestire e controllare stati di noia o inattività.

Pare esserci inoltre una buona componente imitativa: cioè si comincia in età infantile imitando qualche adulto (magari un genitore o un fratello maggiore) che fa lo stesso, e poi, con il passare del tempo, questa abitudine diventa cronica e non ci si riesce più a liberare.


L'origine dell'onicofagia sarebbe quindi da imputarsi ad un disordine psicologico: un disturbo d'ansia, un disturbo dell'umore, un deficit di attenzione o una difficoltà emotiva importante (noia, senso di vuoto, trauma).


Rimedi

Alcune strategie che possono essere sperimentate nel caso di una onicofagia di lieve entità sono le seguenti:

  • Utilizzare sostante amare o piccanti da mettere sulle unghie come deterrente (Alore vera, peperoncino, aglio, limone ecc.);

  • Una terapia d'urto rappresenta coprire le proprie unghie con dei cerotti;

  • Ricorrere a manicure, smalto gel o tips, che garantiscono non solo un nuovo look ma anche la possibilità di non raggiungere le unghie;

  • Utilizzare un "sostituto" alimentare (semi di zucca, frutta secca, ecc.) che possa ugualmente fornire uno scarico dello stress;

  • Tenere le mani impegnate, non solo con la classica pallina anti-stress, è sufficiente una moneta, un bottone, un pezzetto di carta.


Tuttavia nei casi più gravi, dove questo vizio sembra rappresentare un problema più profondo e più serio e resistente alle strategie, è bene rivolgersi ad un professionista psicologo per riuscire ad individuare le origini del problema, affrontare le componenti di mantenimento dello stesso e superarle attraverso una terapia apposita.

La terapia cognitivo comportamentale è quella più indicata per risolvere questo disturbo, poiché pone come obiettivo quello di comprendere e identificare gli stimoli alla base dell'insorgenza dell'impulso a mangiarsi le unghie, disimparare l’abitudine e il gesto abituale, sostituendolo con comportamenti più funzionali, imparando strategie di controllo dello stress e dell'ansia.


A livello farmacologico l’onicofagia ha mostrato una qualche risposta positiva alla terapia a base di farmaci antidepressivi, prescritti anche nella cura della tricotillomania e del disturbo ossessivo-compulsivo, che sembrano avere alcune caratteristiche in comune.


Dott.ssa Noemi Taddio




BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2001), DSM – IV – TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Masson.

Grant J. E., Mancebo M.C., Eisen J.L., Rasmussen S.A. (2010), Impulse-control disorders in children and adolescents with obsessive–compulsive disorder, Psychiatry Res, N. 175, pp. 109 –113.

Hagell A. (2013), Adolescent self – harm, AYPH Research Update, N. 13.

Roberts S., O’Connor K., Bélanger C. (2013) Emotion regulation and other psychological models for body-focused repetitive behaviors, Clinical psychology review, N. 33, pp 745 – 762.


SITOGRAFIA

www.ipsico.it

www.stateofmind.it






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